giovedì 29 novembre 2012

Una nuova frontiera: Enduro e Superenduro

I pionieri della Mountain bike che, decine di anni fa nel Nord America, crearono i primi telai e le prime ruote per affrontare percorsi off-road in bicicletta, non avrebbero mai immaginato che in futuro questo sport avrebbe avuto un così grande successo. Dopo l’affermazione del cross country e del downhill, seguendo una filosofia freeride molto presente anche in altri sport come lo snowboard e il surf, i biker dell’ultima generazione hanno mixato il piacere della discesa estrema con la volontà di conquistarsi le vette da cui planare. Sono state create bici appositamente studiate che abbinano la doppia ammortizzazione (come nelle bici da discesa) ma con escursioni non estreme e geometrie molto più simili a MTB standard. Soprattutto vengono impiegati mezzi che utilizzano rapporti agili per affrontare tratti di salita impegnativa rimanendo in sella a pedalare (quindi mediante l’utilizzo di una doppia corona anteriore che garantisce la massima performance). Si è trovato anche un compromesso tra le pesanti bici da downhill e le sempre più leggere bici da XC ottenendo mezzi che, nonostante forcelle con steli da 36 mm, ammortizzatore posteriore e ruote con coperture da 24”, riescono a scendere anche sotto i 13 kg. Dato che il freeride stava ottenendo un crescente numero di praticanti, si è vista l’esigenza di creare anche delle competizioni che potessero coinvolgere e far confrontare i migliori biker. Così è nato l’Enduro, disciplina molto tecnica e al contempo fisicamente molto impegnativa che, come un rally automobilistico, abbina nella stessa giornata di gara delle prove cronometrate chiamate Prove Speciali (PS) intervallate da trasferimenti da effettuare ovviamente con limiti di tempo.

Enduro e Superenduro
Stiamo parlando di una disciplina molto selettiva. Si gareggia su percorsi completi in cui ripide e tecniche discese cronometrate sono precedute da trasferimenti pedalati che possono presentare anche salite lunghe e impegnative. Esistono 2 tipologie di gare Superenduro: le Sprint che hanno un dislivello medio di 1.000 mt e somma dei tempi di percorrenza delle PS al massimo di 30 minuti e un minimo di 10 minuti totali. Queste competizioni devono avere minimo 3 PS da svolgersi su almeno 2 differenti linee. Vi sono poi le gare Pro che hanno un dislivello medio di 1.500 m e somma dei tempi di percorrenza delle PS minimo di 20 minuti. Le Pro devono avere minimo 5 PS e sono spesso disputate su 2 differenti giornate di gara impegnando gli atleti per tutto il week end. In entrambe le tipologie di gara enduro, rispetto alle prove di downhill, i tratti cronometrati possono arrivare anche a numerosi minuti presentando molti pezzi pedalati. Il biker che vuole affrontare queste competizioni deve, al contempo, avere massima capacità e tecnica di guida, ottime caratteristiche atletiche, una grande resistenza che, abbinate alla potenza e alla forza, genera una notevole capacità lattacida e un indispensabile base aerobica. In Italia abbiamo ottimi atleti come Davide Sottocornola, Andrea Bruno e Manuel Ducci che negli ultimi due anni sono riusciti a emergere anche a livello internazionale battendo veri e propri mostri sacri come Nicolas Vuilloz (plurititolato campione mondiale di downhill) o Remy Absalon, autentica icona del movimento gravity, fratello di Julien, più volte campione mondiale di cross country.

L’allenamento specifico
Il training per il Superenduro richiede un approccio fisico assai impegnativo. È necessario sviluppare un planning di allenamento molto completo e articolato: se da una parte gli atleti provenienti dal downhill trovano facile la componente tecnica, mancano poi di resistenza specifica e di capacità lattacida per gestire uno sforzo più prolungato (una PS può essere quattro volte più lunga di una gara downhill). Fondamentale è anche la potenza dell’atleta. Nel downhill la gravità aiuta moltissimo il biker, in quanto i percorsi sono molto più ripidi e a volte mancano quasi totalmente di tratti in falsopiano; a volte bastano notevoli capacità esplosive e capacità di spinta massimale per rilanciare la bici e poi guidarla nei tratti più tecnici. Nell’enduro questo non è sufficiente; oltre alla necessità di rilanciare spesso la bici in modo veloce, soprattutto sui tratti con pendenze medie o quasi assenti, l’atleta deve poter mantenere per un lungo periodo anche la fase di potenza. Altro aspetto fondamentale è il recupero. Se nel downhill l’atleta effettua una prova al limite dell’apnea e a livello muscolare abbiamo un tempo di gara così limitato da non rendere fondamentali meccanismi di mantenimento e ripristino nell’enduro, tra diverse fasi di mantenimento della potenza e di impegno muscolare sub-massimale, il recupero diventa fondamentale. Tutti i meccanismi di smaltimento dell’acido lattico (sistemi tampone) e la capacità di eliminazione dal muscolo devono essere allenati e potenziati. Questo vale anche per le capacità aerobiche riferite al sistema centrale e soprattutto periferico che devono essere incrementate al fine di potenziare la cilindrata massima del motore dell’atleta (massimo consumo di ossigeno VO2 max).

lunedì 9 luglio 2012

Architetture per la bici

Dall’Olanda alla Cina, i paesi cultori mondiali della pedalata si uniscono in linea diretta con il progetto dello studio NL Architects per un cafè completamente dedicato agli amanti della bicicletta. Si chiama appunto Bicycle Club e verrà inserito in un intervento urbano più ampio da realizzarsi nella provincia dello Hainan, nel sud della Cina. L’edificio riprende in senso moderno la forma di una grande pagoda, tipica costruzione del Sol Levante, con un’ampia gronda aggettante arrotondata sui bordi, che diventa un utile riparo nel clima tropicale di questo paese. La sua base vetrata conterrà un noleggio biciclette ed un caffè, mentre la copertura è stata approntata come un mini velodromo raggiungibile da una doppia scala centrale.

venerdì 24 febbraio 2012

Il sistema frenante senza fili

Nel corso dell’evoluzione della bicicletta, e a seconda delle tipologie, dei modelli e delle performance richieste, i freni sono stati sviluppati e utilizzati nelle più svariate declinazioni e configurazioni: a U, a V, a rulli, delta, ad archetto, cantilever, a bacchetta, a contropedale, a tamburo e, nelle attuali versioni, a disco.
L’ultima evoluzione dei freni interessa il passaggio da dispositivo meccanico a idraulico anche sulle bici da corsa, finora interessate per lo più da evoluzioni legate alla mescola dei pattini freno e all’attrito con il cerchio. La ricerca attuale sui freni si concentra soprattutto sulla possibilità di modulare la frenata.
In un mondo sempre più 2.0, siamo ormai abituati alla presenza di cambi elettronici, ciclocomputer wireless e sensori di cadenza della pedalata.
Fino a oggi, però, rimaneva una certezza sulla bici: i freni hanno i cavi.


WIRELESS BIKE BRAKE
Un team di ricercatori tedeschi della Saarland University, guidato dal professor Holger Hermanns (docente di Sistemi Affidabili e Software), nell’ambito di uno studio più ampio in merito all’affidabilità dei sistemi wireless e impiegando metodi matematici utilizzati per sistemi di controllo di aerei e aziende chimiche, ha sviluppato il prototipo del wireless bike brake a disco (inizialmente denominato senza mezzi termini mad bike project).
Il sistema consente il collegamento senza fili dalla manopola al sistema frenante ed è costituito da:
• sensore di forza: sostituisce la manopola e trasmette un segnale che rappresenta la forza di frenata
• trasmettitore: posizionato vicino al sensore e dotato di connessione cablata, riceve il segnale e lo trasmette in modo wireless al ricevitore
• ricevitore: converte il segnale del trasmettitore per comandare l’attuatore
• attuatore: è responsabile della forza frenante
per garantire l’affidabilità, la ridondanza è assicurata da alcuni elementi “replicatori”, che svolgono la funzione combinata di trasmettitore e ricevitore.
Il tempo che intercorre tra quando il ciclista stringe la manopola e l’effettiva azione frenante deve essere il più breve possibile per garantire la sicurezza. Il prototipo consente di frenare in 250millisecondi a una velocità di 30km/h, permettendo di arrestarsi nello spazio di 2 metri. L’affidabilità è garantita al 99,999999999997%: ogni trilione di frenate, ne falliscono 3.